Il fallimento del salvataggio della Grecia

Nel 2015 la Grecia ancora in piena crisi economica aveva accolto quasi 24 milioni di visitatori, un dato che è continuato a salire negli anni, arrivando ai 30 milioni del 2017. Le stime parlano di un milione e mezzo di italiani che sono partiti o sono pronti a partire nel 2018. Il turismo greco sembra florido, i governanti ellenici si nascondono dietro questo dato, sciorinando le cifre come fossero medaglie da appuntarsi al petto. Ma, al di là del comparto turistico, la situazione dello stato europeo che più di tutti ha subito la crisi dello scorso decennio è tutt’altro che rosea: la ricostruzione fatica a compiersi, e la Grecia si trova ancora in una fase di depressione economica. I turisti che visitano oggi Atene trovano l’Acropoli illuminata come di consueto, il quartiere di Plaka brulicante di gente, così come il mercato di Monastiraki traboccante di merci. Ma poco più in là gli abitanti di Exarchia – quartiere in autogestione permanente – vivono di espedienti; nei vicoli di Omonia le serrande sono chiuse e le porte sprangate e si fatica a trovare l’acqua potabile.

Scontri tra polizia e manifestanti nel quartiere di Exarchia, Atene, 6 dicembre 2016

Da giorni l’area di Mati – nei pressi di Atene – è devastata dagli incendi, le fiamme hanno già fatto 91 vittime, e il conto è destinato a salire. Pare che la causa dell’incendio sia dolosa, ma la situazione è diventata ingestibile anche per l’effetto di carenze strutturali: da un lato gran parte delle abitazioni andate distrutte sono abusive, frutto di un piano urbanistico spregiudicato volto a propiziare il turismo come unica fonte di guadagno in tempi di crisi; dall’altro i tagli al corpo dei Vigili del Fuoco – nello scorso anno il governo ha infatti deciso di tagliare 4mila unità – influisce negativamente sulla capacità di gestire l’emergenza. Le spiagge delle isole greche sono affollate, si respira l’atmosfera rilassata della balneazione, eppure basta spostarsi di qualche chilometro per incappare nel vero volto della Grecia odierna.

Auto andate in fiamme nel villaggio di Mati, sobborgo di Atene, 24 luglio 2018

È ciò che succede a Lesbo: a poca distanza dalla costa sorge Moria, l’hotspot – il termine usato per indicare i campi di identificazione – in cui sono stipati più di 4mila migranti. Le condizione di vita a Moria sono particolarmente difficili, fra mancanza di spazi e accenni di rivolta. Le vittime non sono rare e, dietro la facciata allestita per i turisti, la Grecia mostra le sue ferite, ancora lontane dall’essere sanate.

Rifugiati siriani a Lesbos, Grecia

Nel 2015 L’Unione europea ha approvato il terzo piano di salvataggio, del valore di 86 miliardi di euro, per impedire che la penisola ellenica finisse in bancarotta. Sommato agli aiuti precedenti, la Grecia ha avuto 240 miliardi di euro dal 2010 a oggi. In compenso il governo Tsipras si è impegnato a mantenere la linea dura dell’austerità che – con l’ultima manovra votata in Parlamento a marzo – prevede un taglio delle pensioni nel 2019 e la riduzione della soglia di esenzione fiscale dal 2020. A ciò si aggiungono tasse più gravose sugli immobili – impegnano infatti più del 20% del budget di un nucleo familiare – e una spregiudicata politica di privatizzazioni che fa il paio con quelle attuate negli anni scorsi, come la vendita a privati di gran parte del Pireo, di 14 aeroporti regionali, e del 67% del porto di Salonicco.

Alexis Tsipras e Angela Merkel

L’ultima indagine dell’Eurobarometro – che monitora la qualità della vita all’interno dell’Unione europea – rivela un indice di felicità molto basso per il popolo greco, in fondo alla classifica. Se infatti la media europea è dell’83%, solo il 52% dei greci esprime soddisfazione per la propria vita. In media, il 58% dei cittadini europei ritiene di avere pari opportunità, ma questo dato risulta influenzato da forti disparità regionali: a fronte dell’81% della Danimarca, la Grecia si presenta ultima con il 18%, dunque gran parte della popolazione pensa che l’immobilismo sociale la segnerà a vita. Per quanto riguarda la situazione finanziaria della propria famiglia, solo il 35% si dichiara soddisfatto, mentre la media europea è del 71%. Quando invece si parla di situazione finanziaria del Paese, è quasi la totalità dei cittadini greci a ritenersi insoddisfatta (98%) e addirittura la metà ritiene che la crisi sia molto lontana dall’essere risolta. Persino una categoria generalmente benestante come quella dei medici si trova in difficoltà, e l’unica via sembra essere emigrare: negli ultimi dieci anni i dottori che hanno abbandonato le terre elleniche sono diciassettemila.

La disoccupazione giovanile si attesta attorno al 43%. Per chi rimane le alternative sono il lavoro nero o arrangiato. La sharing economy ha fatto perdere allo stato greco ben un miliardo di euro di tasse. Il governo tenta di correre ai ripari e promette un sensibile aumento dei salari, l’obiettivo è riportare in patria cinquecentomila giovani, in modo da rimpinguare una forza lavoro che nel solo 2013 – causa emigrazione – si è ridotta del 2%.

Per il fondo monetario internazionale la situazione greca è paragonabile a quella di Paesi del Terzo Mondo come Zambia, Congo o Somalia. Dal 2015 a oggi lo scenario ad Atene non è cambiato: i quartieri popolari sono desolati, tanto che le statistiche dicono che un terzo dei negozi sono chiusi, il commercio stenta a ripartire. Non è un caso se dall’inizio della crisi, a prosperare sono stati soprattutto i piccoli compro-oro e ancor di più i banchi dei pegni: una tendenza esplosa nel 2011, quando è stato registrato un aumento del 90% degli introiti del settore.

La mensa di una chiesa ortodossa ad Atene, 13 marzo 2017

Per quanto riguarda i consumi, secondo le analisi di Eurostat del 2017, la Grecia risultava diciannovesima, surclassata da un piccolo Paese come Malta e da un altro Stato in cerca di rilancio come il Portogallo. Se da un lato i prezzi rimangono invariati, il potere d’acquisto dei cittadini è dimezzato in conseguenza dei salari al minimo storico. Lo sciacallaggio delle privatizzazioni non aiuta, perché le multinazionali si premurano di investire nel Paese in difficoltà solo dopo aver accertato che il costo del lavoro rimanga basso. Da anni Tsipras strizza l’occhio agli oligopoli per attirare ipotetici investitori, si vuole facilitare il profitto d’impresa a discapito delle condizioni del lavoratore: le recenti manovre di austerity ne sono un chiaro indicatore.

Il cittadino greco ha il 35% di possibilità di finire sotto la soglia di povertà, nella triste classifica la Grecia si trova appaiata a Bulgaria e Romania. Non preoccupa solo la quantità di giovani senza lavoro, ma il mercato del lavoro in generale, con la disoccupazione che si attesta al 23%: con un valore medio nella fascia anagrafica fra i 35 e i 64 anni del 20%, un greco su cinque non riesce a trovare lavoro. Il ministro del Lavoro Effie Achtsioglou – a 33 anni, paradossalmente, una delle poche giovani donne ad avere un salario decente – ha dichiarato: “Stiamo implementando un mix di misure per cercare di affrontare la disoccupazione di lungo termine dando incentivi alle imprese affinché possano assumere con dei benefici fiscali nuovi dipendenti.

Il ministro del Lavoro greco Effie Achtsioglou

Ma la ricetta della ricostruzione greca passa anche attraverso un diverso sistema di collocamento della forza lavoro, profilando i disoccupati in maniera dettagliata in modo da fare incontrare domanda e offerta. È inquietante rilevare come il governo greco ponga l’accento sulla distribuzione delle forze non occupate: la riforma dell’ufficio di collocamento sembra appellarsi agli stessi argomenti sul fantomatico “reddito di cittadinanza” sbandierato da Di Maio in campagna elettorale. La parentela fra la situazione economica greca e quella italiana suggerisce il giro di vite dell’austerity anche dal nostro lato del Mediterraneo.

Atene

Sta di fatto che, nonostante nel 2015 il 61% della popolazione si sia espresso tramite un referendum contro l’accordo fra Grecia e Ue, oggi il governo Tsipras amministra il pacchetto di aiuti dell’Unione svendendo pezzi di territorio e bastonando le classi meno abbienti. Il prossimo 20 agosto la Troika abbandonerà definitivamente il suolo ellenico e la Grecia ritroverà la piena indipendenza economica, ma, oltre all’austerità, gli accordi fra organi dell’Ue e il governo prevedono la costituzione di un fondo di 20 miliardi da parte greca che dovrebbe fungere da cuscinetto per eventuali emergenze finanziarie. Un fondo in cui saranno convogliati gli sforzi e i tagli dell’amministrazione ellenica, nonché il sangue e il sudore di una popolazione che può dirsi europea solo sulla carta, non certo per qualità della vita. I turisti abbondano e il sorriso della gente è tirato, ma dietro quel gesto meccanico si nascondono i travagli di un decennio di sconfitte, e di un futuro in cui non si riesce a vedere un accenno di speranza.

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