Perché non è giusto costringere i bambini a fare il presepe a scuola - THE VISION

Quando ero piccolo nella mia scuola si faceva il presepe. Era normale farlo e, anche se quelle figurine storicamente improbabili non mi hanno mai ispirato pensieri particolarmente devoti, erano comunque parte della cultura in cui sono nato e cresciuto. Già all’epoca, però, qualche obiezione avrebbe potuto essere sollevata, visto che l’Italia è un paese laico, basato su una Costituzione, in cui lo Stato non dovrebbe imporre nessuna religione particolare, specialmente ai bambini. Ma gli anni Settanta erano altri tempi.

Ora, quasi mezzo secolo dopo, è impossibile non aver sentito parlare di multiculturalismo, o non essersi resi conto che sia l’Italia che l’Europa sono diventate molto più ricche da un punto di vista etnico. Ciononostante, non sorprende purtroppo la mozione approvata recentemente dal Consiglio di Orbassano, vicino Torino. Secondo il testo, le scuole comunali dovrebbero allestire un presepe “per difendere il diritto di professare liberamente la propria fede cristiana e i suoi valori”, dato che “ogni politica dell’accoglienza non può essere fondata sulla rinuncia dei propri simboli”. Il sindaco Eugenio Gambetta ha precisato: “Negli ultimi anni la nostra popolazione si è arricchita della presenza di cittadini provenienti da altri Paesi, anche extraeuropei, che professano diversi credo e confessioni religiose. Noi volevamo ribadire che i valori della nostra cultura non devono essere messi in secondo piano. Se un nostro amico che prega una religione diversa viene a trovarci a casa nostra, non credo che ci preoccupiamo di nascondere il presepe”.

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Vediamo di ragionare un momento su questa posizione. La prima fallacia logica sta proprio nell’esempio presentato da Gambetta: certo che se un mio amico viene a casa mia non nascondo il presepe, ci mancherebbe. Ma le scuole pubbliche non sono “casa mia”, sono la casa di tutti, come dovrebbe essere chiaro già dall’appellativo “pubbliche”. Gambetta è quindi incorso in uno degli errori più basilari in filosofia: l’uso di una falsa analogia. Veniamo invece alle parole della mozione stessa. “Per difendere il diritto di professare la propria fede cristiana e i propri valori”: e quando mai questo diritto è stato messo in discussione? Dubito qualcuno sia mai andato a casa di Gambetta, o di uno dei consiglieri di centrodestra che hanno votato la mozione, e gli abbia detto di non fare il presepe, o di non leggere i Vangeli, o di non pregare. Né, ne sono altrettanto sicuro, gli è stato mai vietato di andare in chiesa, o di parlare liberamente della propria fede con gli amici (dopo la partita di calcio, ovviamente). Ma installare un presepe a scuola non è un gesto di difesa della propria fede: è un’imposizione della propria fede sugli altri. E non importa se la maggioranza dei bimbi di Orbassano sono di famiglia cattolica: in un Paese come il nostro, dove la Carta costituzionale (articoli 2, 3 e 6) espressamente afferma e declina il principio del pluralismo democratico, sono specialmente le minoranze (linguistiche, etniche e religiose) che vanno protette.

Eugenio Gambetta, sindaco di Orbassano

Gli amministratori di alcune scuole locali sembrano semplicemente non capire quale sia il problema di cui si discute. Per esempio, Franca Cominato, vice preside dell’istituto comprensivo di piazza De Amicis, sempre a Orbassano, dice: “Noi qui abbiamo sempre fatto il presepe e continueremo anche quest’anno, in tutte le nostre scuole. Non ci sono mai stati problemi con le famiglie dei bambini che non professano la religione cattolica, anzi partecipano anche loro alle iniziative.” Certo che partecipano, e certo che non fanno problemi. Sono una minoranza alla quale mandiamo un messaggio chiaro e tondo: vi tolleriamo, ma non siete troppo i benvenuti, non sentitevi a casa vostra perché questo posto non lo è. Ed è esattamente un messaggio del genere che le scuole pubbliche dovrebbero evitare, perché altrimenti la gente poi apre le proprie scuole religiose, dissolvendo ulteriormente un tessuto sociale già di suo poco coeso.

Sia il PD che il M5s si sono opposti alla mozione sul presepe (anche se poi, in maniera un po’ meno coraggiosa, si sono rispettivamente astenuti e non hanno votato per nulla). Elisa Pirro, del M5s, ha spiegato che l’intenzione degli emendamenti proposti dal Movimento era quella – lodevolissima, a mia opinione – di sensibilizzare i bambini e le loro famiglie e invitarli ad approfondire la loro conoscenza di varie culture. Non solo, l’opposizione ha anche fatto notare che l’articolo 3 della Costituzione Italiana sancisce, innanzitutto, che: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Notare l’inclusione sia di “razza” (che non è un termine scientifico, si dovrebbe dire “etnia”, ma questa è un’altra discussione) che di religione: non sono un esperto di diritto costituzionale, ma l’italiano lo leggo correttamente.

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La mozione dice anche che “ogni politica dell’accoglienza non può essere fondata sulla rinuncia dei propri simboli”. Assolutamente, ma se parliamo di accogliere – e non semplicemente di tollerare a malapena – allora ci sono altre soluzioni. Negli Stati Uniti si riscontra un problema analogo: la Costituzione americana ha affermato sin dalla sua nascita la laicità dello Stato e la sua netta separazione dalla Chiesa. Alcune scuole americane quindi scelgono di non fare un bel nulla, evitando di celebrare le festività natalizie, come, a quanto pare, hanno deciso di fare anche alcuni degli amministratori e docenti di Orbassano, in risposta alla mozione di Gambetta. Una soluzione però sterile e poco stimolante.

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Una di gran lunga migliore viene da altri esempi americani, specialmente dagli Stati più progressisti, come New York e la California. Si faccia pure il presepe, si addobbi un albero di Natale (che comunque non è un simbolo cristiano, e anzi fu inizialmente vietato dalla Chiesa), ma si aggiungano anche altri simboli, di altre religioni (inclusi il paganesimo) ma anche – perché no – atei (come questo). Non solo questa soluzione rispetta le credenze di tutti (religiose e non), ma insegna anche una lezione fondamentale ai nostri bambini: quella della vera tolleranza e della valorizzazione della diversità etnica e ideologica. E dici poco.

Occasione persa, quindi, per Orbassano, almeno per quest’anno. Speriamo vada meglio altrove.

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