L’obbligo del crocefisso è una trappola per dividerci. Non caschiamoci.

Se, come me, ti consideri un laico e malsopporti le ingerenze della Chiesa cattolica nella società italiana, e in particolare nella scuola, questo pezzo ti farà incazzare. Se ti sei indignato la scorsa settimana, quando Salvini ha accennato l’intenzione di rendere obbligatori e “ben visibili” i crocefissi in tutti i luoghi pubblici, leggendo queste righe l’indignazione non ti passerà. Mi piacerebbe scrivere che le immagini religiose devono essere tolte da tutti i luoghi pubblici. In particolare dagli edifici scolastici, dove turbano la sensibilità degli alunni non cattolici, che da un simbolo del genere ricevono il messaggio peggiore: in Italia veneriamo il crocefisso, e se non ti va bene, questo non è il tuo posto. I crocefissi dovrebbero essere tolti, anzi nemmeno avremmo dovuto appenderli, e Salvini è un sovranista che alimenta l’intolleranza per riscuotere consenso mediatico. Tutto ciò ha perfettamente senso, ma non è quello che scriverò in questo pezzo.

Il problema, è che se tu ora ardi di indignazione per tutto quello che sta succedendo, stai facendo esattamente quello che Matteo Salvini vuole: infiammare un po’ gli animi dei progressisti laici e scatenarli contro i cattolici. Esattamente nel momento in cui l’argomento del giorno sono, come ogni estate, i profughi sui barconi, e proprio quando allo schieramento allarmista-xenofobo che chiede respingimenti a oltranza se ne contrappone uno solidale che va dalla sinistra progressista laica, a quella cattolica e arriva fino a Papa Bergoglio. Da qualche parte è come se suonasse un arrugginito campanello d’allarme e lampeggiasse una vecchia luce rossa non ancora del tutto opacizzata dagli anni, con la scritta: “Allarme cattocomunismo!”

In queste occasioni, da vent’anni, chi è a destra tira fuori lo strumento d’emergenza: il crocefisso. Non è un trucco originale, Salvini l’ha imparato da Berlusconi, che a sua volta ha avuto i suoi buoni maestri. Brandisci per una mezza giornata il crocefisso ed ecco fatto, lo schieramento avverso implode, i laici si incazzano perché non l’hanno ancora tolto dalle pareti delle scuole, i cattolici fanno presente che si tratta di un’immagine di pace e di tolleranza. E così si alzano i cori: “È un simbolo di morte!”, “No, è un simbolo di vita!”; “È il figlio di Dio!”, “No, è un ebreo morto ammazzato”, eccetera eccetera. Il crocefisso diventa l’emblema dell’inimicizia perenne tra cattolici e laici: i primi l’hanno appeso alla parete, i secondi non saranno soddisfatti finché dalle stesse pareti non sarà schiodato. Lo scontro in realtà ha ragioni storiche ben più profonde, e muove da visioni della vita forse davvero inconciliabili – basti pensare all’aborto o all’eutanasia. Ma il crocefisso è più comodo da impugnare come arma di guerra, soprattutto d’estate.

Caro laico, non cascarci: ci sono ottimi motivi per litigare coi cattolici, e il crocefisso non solo è il meno interessante, ma anche l’unico in cui leggi e sentenze ti daranno torto. In effetti, quando Salvini chiede di appendere un Cristo alla parete di una scuola pubblica, non fa che appellarsi a una legge dello Stato. È vero, si tratta di due Regi Decreti, roba degli anni Venti; gli stessi che imporrebbero anche di esporre l’effigie di Sua Maestà il Re, il che ci potrebbe indurre a ritenerli superati dalla storia. Ma pare che non funzioni così con le leggi, e non lo sto dicendo io: lo hanno scritto, in diverse sentenze, il Tar del Veneto, la Corte Costituzionale e il Consiglio di Stato. Che altro si può fare, a questo punto? Denunciare lo Stato italiano alla Corte europea dei diritti dell’uomo perché espone un simbolo religioso in un luogo pubblico frequentato da minori? Due genitori di Abano Terme, Massimo Albertin e Soile Lautsi, una decina di anni fa, ci hanno provato, e in primo grado la corte di Strasburgo ha pure dato loro ragione. Dopo di che, l’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi si fece fotografare con un cristo enorme in mano, annunciando che lo Stato avrebbe fatto ricorso – subito appoggiato da alcuni esponenti del principale partito di opposizione, il Pd, e dall’autorevole figura del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Alla fine il ricorso si fece, e il crocefisso lo vinse.

Silvio Berlusconi incontra per la prima volta Papa Benedetto XVI in Vaticano, 19 novembre 2015

Se quindi stai pensando che sia ora di condurre una battaglia di laicità su tutti i fronti per staccare un simbolo confessionale da pareti laiche, questo pezzo ti farà incazzare perché ti rivelerà che la battaglia è già stata combattuta, e persa: persa al Tar, persa alla Consulta, persa al Consiglio di Stato, persa a Strasburgo. Questa è la dimostrazione  che esiste un fronte pro-crocefisso che dalla destra identitaria arriva fino alla sinistra. Grazie alla, seppur ammirevole, testardaggine di Albertin e Lautsi c’è pure una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo che non riconosce l’esistenza di “elementi che attestino l’eventuale influenza che l’esposizione di un simbolo religioso sui muri delle aule scolastiche potrebbe avere sugli alunni.”  Ti fa incazzare? T’avevo avvertito.

Potrai chiederti come mai, caro lettore incazzato, in quasi ottant’anni di Repubblica, nessun laico ha mai voluto affrontare la questione con la determinazione dei due genitori di Abano. C’è gente che si è fatta arrestare per ottenere il diritto all’aborto, che ha lottato per il divorzio, o l’eutanasia. Insomma di battaglie ne hanno fatte, i laici italiani: perché il crocefisso no? Una domanda interessante. La risposta provvisoria che mi sono dato è che il crocefisso è un simbolo, e la maggior parte dei laici italiani ha sempre pensato (a torto o a ragione) che i simboli fossero obiettivi secondari, sovrastrutture. Ciò che contava veramente era la lotta per il controllo dei mezzi di produzione, le riforme agrarie, il diritto allo sciopero: cose del genere. Anzi, forse in certi casi ci si poteva pure mettere d’accordo coi cattolici, lasciar loro i simboli e ottenere in cambio qualche concessione. Non sto dicendo che sia stato un buon affare, però le cose sono andate così. Lo stesso Mussolini, ex-socialista ateista e mangiapreti, quando si è ritrovato al potere è sceso a patti col Vaticano e, in cambio di un quartierino Oltretevere e un’ora di cattolicesimo in tutte le scuole del Regno, ha ottenuto il sostegno di tutte le parrocchie d’Italia.

Benito Mussolini legge i Patti Lateranensi al Cardinale Gasparri dopo la sottoscrizione ufficiale avvenuta presso il Palazzo di San Giovanni in Laterano, Vaticano, 11 febbraio 1929

Questo pezzo ti farà incazzare perché ti porrà la questione più o meno come se la deve essere posta Mussolini: se ci tengono davvero così tanto, a quei due legnetti, che li abbiano. Non per forza ha senso litigare con una parte cospicua del Paese. C’è il rischio di saldare una destra reazionaria, per la quale il crocefisso è un simbolo d’identità, con un centro moderato e solidale, per il quale rappresenta invece la pietà. A Salvini certo non dispiacerebbe, a noi tocca inventarci qualcosa di diverso.

Io un’idea ce l’avrei: se i cattolici e gli identitari ci tengono tanto al crocefisso, adottiamolo anche noi. Facciamolo nostro, tanto quanto è loro: i simboli sono di tutti, non c’è nessun marchio registrato. Portiamolo in giro per i cortei, gay pride inclusi. Raccontiamo che il Cristo in Croce è un simbolo di apertura al diverso, di pace, di democrazia, di qualunque cosa. D’altronde,  è cristiano ma anche ebreo, e questo è certo; ma è anche un po’ musulmano (artificioso, ma plausibile) e buddista, jainista e indù, che tanto quelli riciclano tutto. E perché no, è anche laico: dopotutto, quando gli chiesero se bisognava pagare i tributi a Cesare, Gesù rispose “Date a Cesare quel che è di Cesare”, senza chiedere esenzioni fiscali. E se anche non lo avesse detto non importa, non è che bisogna per forza citare i vangeli. Facciamo quello che fecero i cristiani coi simboli pagani: quelli che non riuscivano a distruggere, li assorbivano. Trasformarono sorgenti sacre in sorgenti miracolose, templi a Iside in battisteri, rune solari in crocefissi. Il Dio Sole vinceva le tenebre tre giorni dopo il solstizio d’inverno e loro decisero, senza preoccuparsi di consultare i vangeli, che anche Gesù era nato proprio quel 25 dicembre: che straordinaria coincidenza. Insomma, se il crocefisso non ci piace, facciamocelo piacere. Evitiamo che sia usato per isolarci, mescoliamo le acque, tentiamo un’infiltrazione.

È solo una proposta, e probabilmente ti ha fatto incazzare.Va bene così. Incazzati con me, magari ti servirà a trovare una soluzione al problema, qualcosa che fin qui non era ancora venuto in mente a nessuno.

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