Incredibile: si può sostenere l’Ucraina e condannare Putin pur criticando gli errori dell’Occidente - THE VISION

Per un italiano su due l’informazione sulla guerra in Ucraina è pilotata. Lo rivela un sondaggio realizzato da Demos & Pi, che aggiunge un’ulteriore voce: secondo il 25% degli italiani “le notizie e le immagini dei presunti crimini sono una montatura del governo ucraino”. Entrando nei dettagli si nota come le percentuali crescano a dismisura tra gli elettori di Fratelli d’Italia, Lega e Movimento Cinque Stelle. Abbiamo però visto in questi giorni come anche una fetta di sinistra – tra Anpi, sessantottini e post-sessantottini come Vauro, Bertinotti, Freccero e tanti altri – abbia di fatto delegittimato la resistenza ucraina. È interessante notare come sia probabilmente la prima volta nella Storia europea in cui l’invaso viene criticato come o più dell’invasore. Al di là della vicinanza di Putin con quelli che fino a poco tempo fa erano i principali partiti italiani (Lega e M5S) e la mitizzazione che ne è stata fatta negli ultimi anni, il fattore principale che ha comportato questo fenomeno, raggiungendo anche la sinistra, sembra riguardare il sostegno degli Stati Uniti all’Ucraina, che è arrivato a configurare il tacito pensiero “il nemico del mio nemico è un mio amico”.

Alla mostruosità dei crimini di Putin viene contrapposta l’intera storia a stelle e strisce. C’è quasi una repulsione a schierarsi a favore del popolo vessato, perché “non è possibile stare dalla stessa parte degli americani”. È una sorta di maccartismo al contrario, e quando si parla di Bucha o di Mariupol il discorso va a finire sempre su altre sponde: “E allora gli americani in Iraq?”, “E allora l’Afghanistan?”. La domanda non detta è: “Voi dove eravate quando i guerrafondai americani esportavano la democrazia a suon di bombe?”. La sinistra era in prima fila a protestare e a scrivere editoriali al vetriolo; la destra – che oggi indossa la bandiera russa – sosteneva Berlusconi e, quindi, la sua scelta di far entrare l’Italia in guerra a fianco degli Stati Uniti.

Silvio Berlusconi

Dopo l’11 settembre del 2001 si creò una spaccatura ideologica che può riassumersi con il confronto tra Oriana Fallaci e Tiziano Terzani. La prima condannava brutalmente l’intero mondo islamico, come se fossero tutti terroristi e ci fosse in atto una nuova crociata, mentre Terzani si poneva su un pacifismo incondizionato, contrastando le mire interventiste – e per certi aspetti discriminatorie – di Fallaci. Il 7 novembre di quell’anno, in seguito a una votazione alla Camera e al Senato, l’Italia entrò ufficialmente in guerra in Afghanistan. Berlusconi cedette alle pressioni di Bush e in aula Gianfranco Fini addirittura la definì “una giornata storica”. Rifondazione Comunista diede voto contrario, così come diversi gruppi all’interno dell’Ulivo – Verdi, Comunisti Italiani e singoli esponenti della coalizione. La maggioranza del centrodestra, però, era all’epoca schiacciante. Vennero mandati in Afghanistan militari, funzionari e armi di ogni genere. Doveva essere una missione lampo. È durata 20 anni. Lo scorso 29 giugno sono rientrati in Italia i nostri ultimi soldati. Il bilancio: 723 feriti e 53 vittime italiane.

Afghanistan

Due anni dopo Bush decise di attaccare anche l’Iraq. L’allora segretario di Stato Colin Powell, durante una riunione dell’ONU, agitò una boccetta come prova dell’esistenza delle armi di distruzione di massa possedute da Saddam Hussein. Si rivelò una fake news e lo stesso Powell se ne pentì amaramente: “Lo rimpiangerò sempre. È stato un terribile errore da parte nostra e della comunità dell’intelligence”. Mentre l’Italia si schierò contro un eventuale coinvolgimento in Iraq – con i famosi girotondi, ma anche manifestazioni in piazza e proteste – Berlusconi stava già lavorando con gli Stati Uniti per preparare l’operazione militare. In un documento riportato da Wikileaks, l’allora ambasciatore americano a Roma Mel Sembler spiegava le dinamiche dietro il coinvolgimento italiano nella guerra in Iraq. Si legge: “Il governo Berlusconi ha portato un Paese che chiaramente si opponeva alla guerra il più vicino possibile allo status di Paese belligerante. L’Italia è stato un eccellente alleato degli Stati Uniti nella fase di preparazione e attuazione della guerra in Iraq, nonostante l’opposizione della popolazione e le perplessità del capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi”. Viene spiegata infatti l’assoluta contrarietà di Ciampi al coinvolgimento italiano e il fatto che Berlusconi si trovò “costretto” a minacciare una crisi di governo e una destabilizzazione del Paese, di fatto ricattandolo. L’Italia, dunque, entrò in guerra e, a differenza dell’Afghanistan, quella missione non è ancora finita. In seguito al ritiro delle truppe statunitensi dello scorso anno, il contingente italiano è rimasto il più numeroso in loco e ha preso il comando delle operazioni Nato sul territorio iracheno.

Kuwait
Mosul
Kuwait

Per anni elettori di sinistra si sono battuti contro le guerre degli Stati Uniti, mentre oggi vengono accusati da quelli di destra di essere degli “sporchi atlantisti” soltanto perché viene condannata l’invasione di Putin. Ma il sostegno alla resistenza ucraina non è figlio di un’ideologia o di qualche piano diabolico del fantomatico “pensiero unico dominante”, proprio perché certi valori dovrebbero avere come obiettivo trasversale la difesa delle popolazioni oppresse e la condanna di qualsiasi aggressione. Bisogna slacciarsi dall’aut-aut e dalle limitazioni della logica secondo cui non è possibile sostenere la resistenza ucraina e contemporaneamente, per fare un esempio, quella curda o palestinese. Invece è possibile, e anzi doveroso, criticare al tempo stesso i russi e gli israeliani, Putin e Bush.

Vladimir Putin
George W. Bush

Il PCI condannò la guerra degli Stati Uniti in Vietnam e fece altrettanto quando fu l’Unione Sovietica a entrare con i carri armati a Praga nel 1968. È necessario analizzare i singoli contesti e supportare, sempre, il popolo vessato, a prescindere da chi sia l’aggressore. Le nefandezze degli Stati Uniti non cancellano gli orrori di Putin, mentre oggi sembra prevalere la contrapposizione tra due poli: la Nato contro il resto del mondo. Non è una partita di Risiko e arroccarsi nella comfort zone del complottismo e delle colpe “degli americani” non è sinonimo di lucidità geopolitica o lotta al capitalismo occidentale.

Praga (1968)

È intollerabile che nel 2022 Israele continui a bombardare la Striscia di Gaza e a uccidere civili palestinesi, o che la Turchia continui a massacrare i curdi. Queste battaglie non sono però in antitesi con il sostegno alla resistenza ucraina, a prescindere dal ruolo degli Stati Uniti nelle singole vicende. Sembra invece che la presenza della Nato sia sufficiente a decretare i buoni e i cattivi, tanto che in tanti non riescono nemmeno ad accettare che persino Svezia e Finlandia abbiano deciso di aderirvi per una loro scelta strategica, e anche in questo caso fioccano le teorie cospirazioniste. Questo meccanismo di inversione delle responsabilità ha portato metà dell’opinione pubblica a considerare Zelensky, e non Putin, come responsabile di migliaia di morti ucraini, perché l’Ucraina non si è arresa ed è questa la sua colpa. Ha chiesto aiuto alla Nato e questo appare intollerabile sia per i post-comunisti che per i destrorsi italiani imbevuti di propaganda putiniana.

Volodymyr Zelensky

Bisognerebbe essere in grado di ragionare fuori dall’algoritmo delle fazioni e degli schieramenti preimpostati. Altrimenti si riduce il tutto a mero tifo calcistico e la partita la perdiamo tutti.

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