Quanto costa creare delle fake news? - The Vision

Il termine “fake news” è ormai entrato a pieno diritto nel vocabolario collettivo. E no, non sto parlando della parola preferita da Donald J. Trump per etichettare qualsiasi emittente televisiva o giornale a lui non favorevole. Parlo piuttosto del numero sempre più incontrollato di articoli e di post creati ad arte e diffusi per manipolare e influenzare l’opinione pubblica. Il caso degli ads di Facebook comprati dal Cremlino e targetizzati soprattutto a Michigan e Wisconsin, Stati cruciali per la vittoria di Trump, basterebbe a far capire senza mezzi termini quanto possano essere importanti gli effetti della manipolazione dell’informazione.

Certo, pensiamo alle bufale più illustri dell’ultimo anno – come quella secondo cui gli incendi sul Vesuvio sarebbero stati appiccati con l’aiuto di gatti ricoperti di benzina, o quella, molto più ottimistica, che riportava una possibile candidatura di Bill Murray alle presidenziali del 2016. Vederci un secondo fine, di tipo propagandistico, potrebbe sembrare un salto logico eccessivo.

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Purtroppo, però, l’ambito delle fake news non rimane circoscritto a qualche buffo e folkloristico trafiletto di giornale. Ci sono molti, troppi casi in cui l’informazione diventa un mezzo versatile ed efficace per raggiungere gli scopi politici o economici più variegati. Russiagate docet, del resto. E così il tema domina buona parte dei dibattiti politici, viene discusso con preoccupazione dalla maggior parte delle testate giornalistiche e impensierisce i social media, che tentano goffamente di porre un rimedio tra uno scandalo e l’altro. Ma c’è un aspetto che pochi si sono presi la briga di considerare: qual è il prezzo della manipolazione delle idee?

Uno studio di Trend Micro, nota compagnia di sicurezza informatica giapponese, ha messo a confronto vari segmenti regionali del mercato clandestino che si occupa della gestione di campagne di fake news e cyber propaganda, prendendo in considerazione mercato russo, cinese, mediorientale e anglofono – principalmente operante in India. Com’è prevedibile, entrano in gioco variabili locali nella definizione dei servizi venduti e dei target delle campagne, tuttavia è possibile individuare alcune tendenze comuni: tutti i mercati presi in considerazione si occupano sia della creazione e distribuzione di contenuti fittizi, sia della rimozione o della messa a tacere di notizie reali, ma scomode.

Le compagnie che offrono tali prestazioni a livello internazionale sono numerosissime, ciascuna con un proprio listino prezzi a seconda dell’operazione richiesta. Come un pranzo à la carte, con la sola differenza che in questo caso se t’impegni puoi innescare un colpo di Stato. Con soli 2600 dollari in un mese puoi creare, ex novo, una celebrità – il che spiegherebbe il proliferare di praticanti di Crossfit con 5 milioni di seguaci su Instagram. Per avere nuovi follower, settimana dopo settimana, basta pagare. Senza esagerare però, che poi la gente sospetta. Con 200mila dollari puoi cercare istigare una protesta. Lo scorso febbraio, per esempio, è circolato un articolo falso secondo cui la polizia aveva dato fuoco a un gruppo di tende di dimostranti presso Standing Rock, in North Dakota, con tanto di immagini falsificate condivise e ri-condivise da media e persone indignate. Con 400mila dollari puoi infine divertirti a manipolare le decisioni pubbliche, da quelle che riguardano elezioni e referendum, a quelle relative ai grandi accordi commerciali o alle scelte economiche del singolo consumatore. Se però hai un budget ridotto, diciamo sui 55mila, non ti resta che puntare quel giornalista così bravo e così scomodo, che ficca sempre un po’ troppo il naso nei tuoi interessi, e accontentarti di diffamarlo e screditarlo.

Il mercato delle fake news cinesi, dato il difficile accesso a piattaforme straniere, guarda principalmente alla propria domanda interna. La forma più comune utilizzata è quella degli advertorial, ovvero pubblicità confezionate per passare per editoriali o articoli giornalistici. Il servizio, offerto da diverse compagnie, costa circa 15 dollari per un articolo dalle 500 alle 800 parole e 30 dollari per articoli dalle mille alle 1500. Viene offerta anche la distribuzione di questi contenuti, con un prezzo variabile a seconda del luogo di pubblicazione. Ci sono poi siti che offrono il monitoraggio dell’opinione pubblica su social media e forum indicati dal cliente. Un esempio è il Boryou Public Opinion Influencing System, che promette di ispezionare 3mila tra siti web e forum e di pubblicare in modo sia automatico, sia manuale 100 post di commento al minuto. Ma ci sono anche molti altri servizi di monitoraggio il cui prezzo varia in base al numero di parole chiave da tenere sotto controllo. Volete rimanere aggiornati su cosa pensa la gente di un mazzo di 20 generici argomenti? Basta sborsare la modica cifra di 4175 dollari.

E se avete contenuti scomodi da rimuovere dalla rete – che so, un selfie scattato mentre starnutivate o un nuovo Sony Hack – ci sono servizi come 118 t Negative News pronti a risolvere il problema. Servono da uno a cinque giorni per completare l’operazione e la tariffa varia a seconda dell’importanza del sito su cui il contenuto è pubblicato, ma nulla che qualche migliaio di dollari non possa risolvere.

La Russia, grazie a un sistema di censura molto meno pervasivo di quello cinese, può offrire servizi che si applicano anche a piattaforme extra-nazionali. Si va dalla scrittura di comunicati stampa alla loro diffusione attraverso i più svariati canali d’informazione, compresa la pubblicazione di commenti che il cliente avrà offerto, pronti per l’uso, in una cartella template. Anche le aziende russe, poi, offrono servizi di manipolazione di votazioni e poll. La compagnia Siguldin, secondo quanto riportato nella ricerca, sostiene di poter alterare quasi tutti i sistemi di voto via Internet e di poter bypassare qualsiasi controllo di sicurezza, sia esso un captcha, un SMS di conferma o il controllo dell’indirizzo IP. Le tariffe ovviamente variano in base alle modalità di convalida dei voti, ma è offerto un periodo di prova: il pagamento scatta al cinquantesimo voto.

Esiste dunque un mercato clandestino fiorente ed estremamente attivo per tutto ciò che concerne la diffusione di contenuti falsi online e la manipolazione dell’opinione pubblica. Quello che spaventa è la semplicità di questi meccanismi e la conseguente normalizzazione di queste operazioni. Quale agente statale potrebbe non disporre della somma necessaria per istigare proteste in una nazione rivale?

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