Manson non era il diavolo: Manson era un razzista - THE VISION

Qualche giorno fa è morto, dopo una vita in galera, Charles Manson, un personaggio di cui avrete probabilmente sentito parlare. Se la sua storia non vi ha mai particolarmente appassionato, se avete soltanto dato una veloce scorsa ai titoli dei quotidiani italiani, probabilmente sapete che era un serial killer satanista che tra l’altro pugnalò, in modo particolarmente efferato, la giovane attrice incinta Sharon Tate. Eppure Charles Manson non era esattamente un serial killer, non era esattamente un satanista e soprattutto non ha mai pugnalato Sharon Tate. Siamo davanti all’ennesima fake news, penserete. Si e no. Diciamo che siete davanti a una libera interpretazione della stampa italiana.

Charles Manson è un personaggio davvero esistito e nato nel 1934 a Cincinnati, Ohio, in un contesto disagiato – sua madre, sedicenne, fu subito abbandonata dal padre – così com’è davvero entrato in un riformatorio cattolico a 13 anni, per evaderne molto presto su un’auto rubata, e rientrarci poco dopo. Come raccontò ai giurati che lo condannarono, buona parte degli anni Sessanta Manson li osservò da dietro le sbarre, mentre scontava pene per furto e sfruttamento della prostituzione. Questo se da un lato gli impedì di godersi l’esplosione del flower power californiano, dall’altro forse gli diede qualche elemento in più per captare meglio di tanti osservatori le tensioni più distruttive che covavano in quegli anni – in particolare quelle razziali.

Verso il 1968 Manson aveva poi davvero messo insieme la “Family” – una setta sì, ma non esattamente satanica. In quel periodo, infatti, Manson più che a Satana faceva riferimento a una sua personalissima interpretazione degli insegnamenti di Gesù, filtrati attraverso i testi delle canzoni dei Beatles, fino a sostenere di essere lui stesso il Cristo: un tratto classico di tanti predicatori fuori di testa, che ha comunque poco a che vedere col satanismo – al massimo con l’eresia. I suoi adepti, poi, uccisero davvero Sharon Tate e altre sei persone tra il 9 e il 10 agosto del 1969, e lo fecero seguendo le sue indicazioni, ma lui rimase nel ranch sede della “Family”. Quindi, al massimo era un mandante seriale – gli omicidi che commissionò infatti non si riducono a quello di Cielo Drive. La storia comunque c’è, e per quanto sia stata raccontata migliaia di volte continua non perdere il suo potenziale narrativo. Anzi, nel 2017 la storia di Manson sembra più attuale che in passato. Oggi che il razzismo è un’emergenza non solo dall’altra parte dell’Atlantico, è particolarmente interessante ricordare che Charles Manson predicava ai suoi discepoli la necessità di un’imminente guerra razziale: molto presto i neri avrebbero cominciato ad attaccare i bianchi, e dal caos che si sarebbe generato i neri avrebbero trionfato e la “Family” li avrebbe aiutati a governare il mondo per istituire un nuovo ordine sociale. Probabilmente pensava di essere nero, così come Hitler pensava di essere ariano.

Di questo scenario delirante, i più autorevoli quotidiani italiani non fanno cenno. Insistono molto di più su un presunto satanismo di Charles Manson, che in prigione si era fatto una cultura rudimentale su tante cose, dalla magia nera a Scientology*. La BBC, per esempio, di Satana non parla: ricorda invece che Manson aveva convinto le sue discepole di essere il Cristo. Per Rainews invece Manson è un killer “satanico”; per la Repubblica i suoi adepti “credono in Scientology e in Satana”; mentre Corriere e La Stampa arrivano a un compromesso: “Sosteneva di essere la reincarnazione non solo di Gesù, ma di Gesù e Satana insieme,” così come racconta Ed Sanders in La “Famiglia” di Charles Manson. Gli assassini di Sharon Tate (Feltrinelli, 1972). Ed essendo il libro ormai introvabile viene il sospetto che abbiano ricavato questa informazione da Wikipedia. Manson in effetti parlava tantissimo, e da qualche parte potrebbe anche aver detto questa cosa. Quel che è certo, è che disse varie volte di considerarsi Gesù. Sembra però che a Satana i giornalisti italiani tengano in modo particolare: “Da Satana ha preso molto,” ribadisce La Stampa, mentre la Repubblica li chiama “delitti satanici”, ma forse perché in un’intervista la Atkins effettivamente disse che mentre uccideva era posseduta dal diavolo. Così come spesso accade nelle narrazioni del giornalismo italiano, le principali testate tengono molto a ricordare i dettagli più scabrosi del delitto Tate, rievocando l’aggressione con uno stile quasi cinematografico: “Il primo a morire fu Steve Parent, un ragazzo di 18 anni che era andato a trovare il custode e che passava nella via. Linda restò fuori a fare da palo. Watson spaccò un vetro per entrare in casa e la banda radunò Sharon Tate e i suoi amici in salotto. Sharon fu legata per il collo a Sebring, mentre Waston legava le mani di Frykowski. La Atkins disse all’attrice “Puttana, stai per morire”, Sebring cercò di difenderla e fu ucciso da Watson, che gli sparò e lo accoltellò più volte, usando anche un forchettone” (La Stampa). E il Corriere non è da meno: “Armati di coltelli, revolver e corda di nylon tagliarono i fili del telefono per impedire che venisse dato l’allarme. Il primo a morire fu un amico del guardiano della villa, che stava uscendo in macchina, Stephen Earl Parent. Poi toccò a Jay Sebring, che implorò inutilmente di risparmiare la vita a Sharon Tate. Fu finito a coltellate, così come le altre tre vittime. L’ultima fu proprio Sharon, incinta all’ottavo mese”.

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Nel pezzo della BBC si soffermano un po’ meno sui dettagli splatter e sui riferimenti al satanismo che tanto piacciono ai giornalisti italiani (nonostante il titolo sia “Messianic leader of a death cult”), si parla in compenso di un movente a cui questi ultimi non fanno cenno, cioè una “Race war”. Forse perché in Italia Satana basta a spiegare senza sforzo qualsiasi follia. I membri della Family scrivevano “Helter Skelter” e “Pigs” sulle pareti col sangue delle vittime. Ma “Helter Skelter”, oltre a essere guarda caso una canzone dei Beatles, significa “alla rinfusa” e così si ritorna al caos profetizzato da Manson e “Pigs” era anche l’appellativo con cui venivano chiamati i poliziotti dai manifestanti (un po’ l’equivalente di “ACAB” sui muri di oggi). Niente di così satanico insomma, se non la violenza e l’assurdità dell’assassinio. Manson infatti cercava probabilmente di depistare in quel modo le indagini sulla comunità afroamericana, scatenando una rappresaglia che sperava avrebbe portato alla guerra razziale, oltre a non farlo processare. Perché prima di essere satanista, scientologo*, buddista e fanatico dei Beatles, Charles Manson era profondamente razzista. Pensava che i neri e i bianchi non avrebbero mai potuto vivere insieme, e aveva in orrore soprattutto le unioni interrazziali. Un mese prima il delitto Tate aveva dato l’esempio sparando a uno spacciatore afroamericano (che era sopravvissuto); venti giorni dopo, quando aveva fatto uccidere un suo seguace che gli doveva dei soldi, aveva lui stesso usato il sangue per scrivere sul muro “political piggy” e disegnare un simbolo delle Pantere Nere, l’organizzazione rivoluzionaria afroamericana.

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Se c’era una logica nella sua follia era una logica razzista, non satanista. La stessa logica che rende Charles Manson, a mezzo secolo dal funerale degli hippy, una figura ancora attuale. Ed è anche quello che i giornali italiani non dicono: un po’ perché devono concentrarsi sulle coltellate, il sangue, i dialoghi pulp, un po’ perché Satana vende di più.

A questo punto, forse senza un motivo, mi viene in mente Gianluca Casseri, uno scrittore fantasy fiorentino che qualche anno fa si mise a sparare ai neri che vedeva in giro per Firenze. Quando lo presero ne aveva già uccisi due. Qualcuno scrisse che era depresso. Può darsi: però aveva anche opinioni politiche molto definite, di cui non faceva mistero. Dopo aver negato, la sezione fiorentina di Casapound dovette ammettere che Casseri li frequentava. Insomma era uno scrittore un po’ di destra, un po’ depresso, a cui era capitato di mettersi a sparare a degli africani in giro per Firenze, tutto qui (se capitasse il contrario, un africano che va in giro per Firenze a sparare agli scrittori bianchi, non avremmo molte remore a definirlo terrorista).

Con Charles Manson mi sembra che sia successo qualcosa di simile. È appena morto il capo di un’organizzazione di esaltati catto-razzisti, che profetizzava di una guerra fra le razze al termine della quale lui avrebbe regnato come salvatore, e per questo motivo truccava i suoi omicidi – mossi dalla vendetta (era un musicista fallito) – da omicidi satanico-razziali, cercando poi di dare la colpa ai neri… e i giornali italiani, nonostante la svastica tatuata in fronte e tutto quanto citato sopra, gli incollano l’etichetta di “satanista”. Etichetta piuttosto riduttiva per un personaggio del genere, che come ogni pazzo esaltato che si rispetti era mille cose insieme, e forse è proprio per questo che la sua storia ha continuato a interessarci per decenni.


Integrazione di lunedì 30 novembre ore 12:40

*Con riferimento all’articolo “Manson non era il diavolo: Manson era un razzista” pubblicato il 24/11/17, a seguito della richiesta di precisazione di “Chiesa di Scientology di Milano Continentale”,  che riferisce essere falsa la notizia che Charles Manson fosse legato a Scientology e basasse la propria filosofia sulla stessa, precisiamo che l’articolo ha inteso dare conto del fatto che secondo la stampa sia nazionale che internazionale egli è stato un conoscitore e uno studioso delle teorie di Scientology e non che ne fosse membro. Circostanza, quest’ultima, esclusa dalla “Chiesa di Scientology”.

 

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